"Me lei anche in cielo avrà un pupazzo per le coccole?" - Parlare di lutto con i bambini e le bambine 

a cura di Elisa Bordin - Psicologa Psicoterapeuta


Sarà il periodo, saranno le ricorrenze di questo mese e le notizie che leggo in giro, resta che in questo periodo ho pensato di rispolverare una vecchia riflessione partita proprio da una frase detta tempo fa da una bambina che aveva perso la sorellina: “ma lei anche in cielo avrà un pupazzo per le coccole?”. Forse sì. Forse no. Forse non ce n’è bisogno. Forse avrà una forma/consistenza differente dal pupazzo che c’è qui. Chi lo sa? Ed è proprio questo “chi lo sa?” che aggiunge un carico di angoscia a quel dolore che c’è per il fatto che abbiamo perso una persona cara, o anche il nostro animale domestico.

Questa volta, perciò, cercherò di parlare di lutto, o meglio, di come, ma soprattutto del perché, si può parlare della morte con i/le bambini/e.

E’ certamente un argomento spiacevole, ma che fa parte della vita di ciascuno di noi e, forse proprio perché attraversa le vite di tutti, ma proprio tutti noi, a volte parlarne ci fa talmente tanto male da sentirci trapassare, anche dalle parole stesse.

Rileggendo, mi accorgo che fin qui ho usato per ben due volte la parola “perdere” in riferimento alla morte di una persona o di un animale caro. Già, quando una persona muore, abbiamo la sensazione di averla persa. Per sempre. Ed effettivamente, sotto certi versi, è così. Non la vedremo più, non la coccoleremo più, non parleremo più con lei, non sentiremo più i suoi abbracci…. Anche se qualcosa di questa persona in noi rimarrà per sempre.

Quindi, oltre all’incertezza di cosa succederà realmente nell’aldilà, con la morte ci troviamo di fronte anche ad una perdita definitiva. E tutto ciò provoca dolore, tristezza e angoscia.

Viviamo in un mondo in cui è sempre più incitata, acclamata e premiata la performance migliore, in cui la competizione senza guardare in faccia nessuno è diventata la modalità principale di relazione, in cui i ritmi di lavoro e di vita sono sempre più incessanti e in cui lo spazio/tempo per poter parlare, riflettere, elaborare o, più semplicemente, sentire, vengono ridotti al minimo. Sembra, dunque, essere sempre più difficile potersi fermare a sentire, parlare condividere emozioni, soprattutto se le emozioni in questione sono quelle spiacevoli (rabbia, paura, tristezza…).

In questo breve articolo, vorrei proprio che venisse dato tempo e spazio a tristezza con le sue “sorelle”. Tristezza, l’emozione blu, sia in “Inside out” sia nella mia immaginazione, da sempre. Tristezza, l’emozione che nel lutto fa da sottofondo più o meno dirompente, lasciando spazio anche al dolore, allo sconforto, all’angoscia, alla rabbia, alla paura….

Ma come si fa a parlare di tutte queste emozioni con un/a bambino/a? Già, come si fa?!

I/le bambini/e sono curiosi di natura e pongono mille domande, soprattutto da quella incredibile fase dei “perché” in poi. E spesso chiedono anche “perché si muore?” “perché la nonna è morta prima che io nascessi?” “cosa succede dopo la morte?” “con chi passerà il Natale quest’anno mia sorella?” “il papà vede lo stesso che sono bravo a calcio?” “ma lei anche in cielo avrà un pupazzo per le coccole?” “ma il nostro gatto fa le fusa anche in cielo?” “ma domani il nonno torna?” “tu quando morirai?”. Per loro sono domande. Profonde, lecite. Per il mondo adulto queste, spesso, risuonano come lance che penetrano e trafiggono il cuore e a cui si fa fatica a trovare una risposta. Oltre ad essere un argomento doloroso noi non siamo abituati a parlare di morte nella nostra cultura. Basti semplicemente pensare al 2 Novembre: ho sentito dire “ommammamiaaaaaaa sei nato il 2 novembre!? Che sfortuna! E’ una bruttissima data!”. Perché mai il giorno in cui si festeggiano i defunti, in cui si celebrano tutte le persone che non ci sono più dovrebbe portare sfortuna, o comunque dovrebbe essere una data da rifuggire, da allontanare, brutta? Forse perché la morte è triste, perché la morte è dolore, perché la morte fa paura, perché la morte è faticosa… ma la morte fa parte del nostro essere vivi, della nostra storia, le persone care che abbiamo più con noi hanno lasciato un segno indelebile in noi ed è importante ricordarcelo, non lasciarlo sfuggire….

Il mondo adulto spesso dice “non essere triste”, perché stare vicino alla tristezza di qualcuno non è mai facile (anzi, direi che è proprio difficile) e così, con questa frase, spesso gli adulti si schermano e pensano che si possa magicamente cacciare via la tristezza di qualcuno dicendogli semplicemente “non essere triste”. Solo che non funziona proprio così. Soprattutto nel lutto. E allora, magari, per proteggere i/le bambini/e dal dolore della perdita di un animale domestico ci si trova a volte a dire che il cane è stato adottato da una fattoria, che la tartaruga è la stessa di ieri solo che mentre andavi a scuola oggi è cresciuta davvero tanto, che il gatto è andato a vivere dal veterinario, che il pesce ha cambiato leggermente il colore… Oppure di fronte alle domande sopracitate si risponde “ma non pensare a queste cose adesso che sono cose tristi!” “sono cose che capirai da grande” “non pensarci adesso” o si sta in silenzio.

Già, il silenzio. A pensarci bene, si dice spesso “non ci sono parole” riferendosi alla morte di qualcuno. Ma le parole esistono e possono anche essere un semplice “mi dispiace”, “che tristezza”, “sono qua con te e ti abbraccio”.. .Le parole per dirlo, per parlarne, esistono, ma il mondo degli adulti a volte non se le ricorda più, o ha paura di usarle perché vuole proteggere i/le bambini/e (e loro stessi) dal lutto e dalle emozioni che ne conseguono. Ma i/le bambini/e hanno il diritto di sapere e di potersi anche disperare per una perdita…. Di poter salutare… Di poter piangere…. Di poter cercare di capire.

Quindi? Mi verrebbe da dire che di morte si può parlare, innanzitutto rispondendo alle domande dei/le bambini/e quando chiedono, utilizzando parole adatte alla loro età e, qualora in famiglia accada un lutto, è bene parlarne, ascoltando e accogliendo le emozioni dei/le bambini/e, rispettando anche quelle dell’adulto coinvolto.

Quando le parole non vengono, perché accade e va rispettato, possiamo chiedere aiuto ai libri.

Ce ne sono di bellissimi, nella letteratura per l’infanzia, per parlare di morte e di tristezza in modo chiaro e delicato al tempo stesso. Personalmente credo che questi libri si possano anche semplicemente tenere nella propria libreria, a portata di mano, sempre, e non solo nelle occasioni di lutto. Perché la morte accade, la morte esiste, così come la paura e la tristezza, e si può parlare di esse quando se ne sente il bisogno (di capire o di essere capiti). Volevo, infine, concludere con questa mia riflessione nata leggendo un post su Facebook riguardante il film uscito al cinema nel periodo natalizio “Coco”, post in cui tanti adulti criticavano in modo assoluto e categorico la tematica del film (che si sviluppa tutto durante la celebrazione del Dia de Muertos e si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti).

L’aspra critica riguardava il fatto che i/le bambini/e sono anime innocenti che vanno preservate il più possibile da tematiche così tristi e lontane dal loro mondo. Ci ho pensato molto e credo che questi genitori volessero realmente il miglior bene per i/le loro figli/e, cercando, dunque, di proteggerli/e da argomenti che fanno parte della vita di tutti i giorni, ma che sono tristi e dolorosi. A mio avviso, però, proteggere non significa eliminare le emozioni spiacevoli, ma affrontarle insieme, parlandone, comprendendole, accogliendole, affinché un giorno le si possano lasciare andare.

Sì, lo so, avevo detto che avrei concluso ma volevo aggiungere un’ultima cosa. Ho riletto più e più volte questo scritto e mi sono resa conto che non ho parlato molto di “come” parlare di lutto/morte con i/le bambini/e, ma mi sono più che altro soffermata sull’importanza del perché farlo. Credo che stia qui, però, la chiave. Se si dà voce al significato che ha parlare anche di questo argomento con i più piccoli, le parole per farlo, piano piano si troveranno.

LIBRI CON BAMBINI/E e RAGAZZINI/E

L’anatra la morte e il tulipano – Wolf Erlbruck

Lacrime che volano via – Sabine De Greef

Mio nonno era un ciliegio – Angela Nanetti

I pani d’oro della vecchina – Annamaria Gozzi

La grande domanda – Wolf Erlbruck

La carezza della farfalla – Christian Voltz

Il mare del cielo – Cosetta Zanotti

Ho lasciato la mia anima al cielo – Roxane Marie Galliez e Eric Puybaret

Il sentiero - Marianne Dubuc

LIBRI PER ADULTI

La nonna è ancora morta? Genitori e bambini davanti ai lutti della vita - Alba Marcoli