I BAMBINI APPRENDONO DALL'ESPERIENZA, GLI ADULTI ACCOMPAGNANO E SOSTENGONO
Qualche riflessione sull’autonomia nella fascia 0-10 anni
a cura di Giulio Reggio - Formatore, consulente psicopedagogico e psicomotricista
a cura di Giulio Reggio - Formatore, consulente psicopedagogico e psicomotricista
Nel momento in cui i nostri figli cominciano a collaborare alla propria cura si aprono spazi di sperimentazione, progressi, insuccessi e conquiste.
Alcune immagini di questo lungo percorso mi hanno sempre affascinato per la loro semplicità preziosa, piccoli quadri di un’immaginaria galleria vivente dell’autonomia.
Un bambino è disteso su un fasciatoio e solleva la gamba per farsi cambiare, guardando in viso l’adulto. Un altro gattona sul pavimento di casa per raggiungere un gioco desiderato, in una serie di movimenti complessi per arrivare all’obiettivo, poi sorride. In un altro luogo qualcuno un po’ più grande traffica con le costruzioni di legno, fa una torre, che quasi subito cade: un accenno di pianto, una richiesta di aiuto e poi di nuovo da solo a cercare la soluzione del problema. Una bambina sta imparando ad usare le posate, inizialmente un po’ impacciata, via via più disinvolta, sotto lo sguardo attento e divertito dei genitori. In un servizio educativo un bimbo vive per la prima volta il distacco dalle figure genitoriali, prova un po’ di tristezza, accetta di essere consolato da altre mani amorevoli, pian piano si apre al mondo nuovo. In una scuola dell’infanzia un piccolo gruppo di bambini discute animatamente su come portare avanti un gioco, sembra nascere un litigio, ma i partecipanti riescono a mettersi d’accordo senza ricorrere all’insegnante. E poi la scuola primaria: una bambina si prepara la cartella da sola, magari in maniera “imperfetta”, ma è opera sua ed è questo a contare.
Il filo rosso che unisce queste esperienze, diverse per età e contesti, sembra essere costituito da un cammino affascinante ed accidentato, fatto di sperimentazioni, errori e correzioni, nuovi tentativi e conquiste. L’autonomia si rivela così come acquisizione e consolidamento di competenze legate alle diverse fasi di sviluppo, capacità di sapere “stare da soli”, saper valutare – quando si è più grandi – le conseguenze delle proprie azioni.
Come possono gli adulti sostenere questo percorso, rispettando i ritmi naturali della crescita, strettamente legati nella prima infanzia e nell’adolescenza alle tappe dello sviluppo del corpo?
Anzitutto osservando ed ascoltando la profondità del bisogno e la forza del desiderio di autonomia che i bambini esprimono, da una certa età in avanti anche con le parole (faccio da solo, faccio io), per cogliere il significato di gesti, parole, azioni, emozioni piacevoli e spiacevoli. A mio parere è particolarmente importante che famiglie ed educatori siano un po’ più attenti al percorso fatto per arrivare ad un traguardo.
Certamente raggiungere l’obiettivo è importante, come si può notare dalla soddisfazione espressa in vari modi dai nostri figli quando riescono a vestirsi da soli, apparecchiare la tavola o arrampicarsi al parco senza il nostro sostegno, ma la modalità con cui si perviene ad una meta, il percorso compiuto ha degli effetti rilevanti sulle capacità cognitive e risonanze affettive significative.
Chi ho incontrato sul mio cammino? Sono stato valorizzato nelle mie risorse? Sono stato rispettato nella mia imperfezione? I bambini devono sentire che ogni passo compiuto ha un valore in sé, al di là dell’orizzonte a cui si tende.
Dal punto di vista dell’apprendimento i passaggi intermedi sono pietre miliari che contribuiscono alla nascita e al progressivo consolidamento di corpi e menti flessibili. Rispettare i diversi modi in cui ciascuno impara significa valorizzare le differenze individuali.
Il processo di crescita passa per una progressiva acquisizione della consapevolezza delle proprie risorse e dei propri limiti; per questo possiamo parlare dell’autostima come capacità crescente di conoscere se stessi. Gli adulti possono fare molto altro per accompagnare e sostenere il mondo infantile in questo cammino.
Prima di tutto è essenziale favorire l’azione del bambino, come forma di potere positivo sul mondo, pur nella cornice di regole e limiti ben definiti. C'è spesso un rapporto tra le varie forme di opposizione infantile e la tendenza di alcuni genitori a limitare la voglia di conoscere e di scoprire del figlio: un legame troppo stretto, di tipo esclusivo, rischia di scatenare reazioni aggressive proprio nella fase della comparsa del "no"; e alcune manifestazioni di “ribellione” vengono amplificate dal fatto che nella vita di tutti i giorni non viene favorita l’autonomia.
Cerchiamo di offrire ai bambini le esperienze adeguate alla fase evolutiva che stanno attraversando, senza adultizzarli o considerarli piccoli oltre il lecito con richieste indebite, rispettandone l’individualità e riflettendo su quali siano le aspettative nei loro confronti. Certamente bisogna saper prendere tempo: il mito della rapidità, dell'efficacia istantanea delle prestazioni, dell'assenza di fatica e di insorgere di ostacoli, presi in prestito dal mondo tecnologico in cui siamo immersi, non crea un ambiente favorevole all'esercizio della pazienza che i processi di apprendimento e l'opera educativa richiedono.
Ci sono però nello stesso tempo alcuni comportamenti da evitare. Penso ad esempio alla necessità di non anticipare il piccolo anche quando sembra per noi più comodo (e talvolta lo è!), ricordandoci che sostenere l'autonomia di un bambino nei primi anni significa fare una sorta di investimento per il futuro. D’altra parte agire al suo posto rischia di essere un aiuto inutile e probabilmente dannoso: per fare un esempio è bene evitare di mettere i piccoli in posizioni non ancora raggiunte autonomamente e provare piuttosto ad organizzare un ambiente che permetta il libero movimento.
Se sottraiamo i nostri figli a tutte le fatiche, oltre a togliere ogni ostacolo togliamo loro anche la speranza di potercela fare da soli e di far fronte agli insuccessi cui inevitabilmente andranno incontro nel corso della vita.
Il cammino delineato si scontra spesso con un contesto familiare e sociale contraddistinto da una mole di impegni e da una conseguente scarsità di tempo, di quel tempo così importante nella conquista delle autonomie. Per fare un esempio, è difficile poter pensare che un bambino piccolo impari a mangiare e vestirsi da solo alla mattina, quando tutto va fatto con una certa rapidità. Per far fronte a questa difficoltà, ben presente a molte famiglie, qualche risorsa esiste.
Se la vita settimanale non permette questo esercizio di rallentamento (vengono così spiegati i biberon dati alla mattina per fare in fretta, vestire i figli già grandicelli, mettere a posto la stanza senza il loro aiuto, preparargli la cartella), è possibile trovare momenti durante il fine settimana e le vacanze in cui i bambini abbiano un tempo più disteso, meno segnato dallo stress, per progredire sulla strada dell’autonomia.
La condivisione delle responsabilità educative tra genitori contribuisce a rendere più facile questo impegno.
Un’altra risorsa fondamentale è rappresentata dai servizi educativi. Asili nido, scuole dell’infanzia e spazi gioco hanno maggiori possibilità di organizzare una giornata lontana dai ritmi accelerati e spesso stressanti della “vita fuori”, nella quale poter garantire a tutti l’opportunità di apprendere e di consolidare le competenze nella cura del corpo e delle proprie cose, nel gioco e nelle relazioni. Negli ambienti educativi il far da soli si accompagna al fare insieme, in un continuo scambio - di abilità, inclinazioni, conoscenze, pensieri, sentimenti - che consente a tutti di accrescere le capacità personali imparando gli uni dagli altri, lontano dai giudizi e dai confronti degli adulti, perché l’infanzia non è una gara.
Sostenere l’autonomia in questo periodo della vita significa favorire “un’interdipendenza matura”, - crescendo i legami si moltiplicano e le relazioni si fanno più complesse - e aiutare le nuove generazioni ad essere capaci in futuro di assumersi responsabilità e apprezzare il linguaggio della libertà.